Chi abbia esperienza di docenza negli istituti italiani di primo e secondo grado avrà notato che la gestione dell’aula – in alcuni contesti – con il passare del tempo diventa sempre più difficile e complicata. A volte anche il normale svolgimento dell’attività didattica viene impedito per via di comportamenti che minano il sereno rapporto che dovrebbe instaurarsi fra docenti e discenti.
Fenomeni del genere avvengono ovviamente anche al di fuori del circuito scolastico. A volte manca l’empatia, non si è in grado di “sentire” cosa provi l’altro all’interno di una determinata situazione; altre volte alcuni comportamenti socialmente non adeguati non vengono inibiti – così come dovrebbe accadere – ma vengono agiti in assenza di freni inibitori.
Come venire fuori da questa situazione?Di cosa avrebbe bisogno la nostra società per formare dei cittadini maggiormente consapevoli?
In maniera meritoria è stata di recente reintrodotta a scuola l’Educazione Civica, materia che sarà assegnata in maniera trasversale ai docenti curricolari delle varie discipline e che prevederà una valutazione al termine dell’anno scolastico. Ma sarà sufficiente l’ora di Educazione Civica per formare cittadini consapevoli?Chi scrive ritiene di no.
Il nostro sistema scolastico, infatti, ci prepara dal punto di vista culturale, logico-matematico, ci permette di sviluppare competenze spendibili nel mondo del lavoro, ma… Non è ancora stato avviato un progetto organico per risolvere l’analfabetismo emotivo.Invece è proprio questo il fulcro del problema.
Diversi adulti sono emotivamente scarsamente alfabetizzati. Il riferimento è ovviemente a tutte le categorie di adulti, ivi compresi in alcuni casi anche soggetti con formazione universitaria o superiore.
Per rimanere all’interno dell’ambito scolastico, probabilmente per modificare un comportamento inadeguato non sarà sufficiente assegnare note disciplinari e punizioni, né basterà tenere delle lezioni di Educazione Civica ed interrogare su questa materia: c’è piuttosto bisogno di una maturazione profonda da parte del soggetto, tale da fargli percepire il danno che il suo comportamento sta arrecando al gruppo sociale all’interno del quale è inserito.
Sarebbe pertanto oggi necessario, anzi indispensabile sviluppare un progetto relativo all’introduzione dell’Intelligenza emotiva nelle scuole italiane di ogni ordine e grado (dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado).
Si potrebbero a tal fine rivedere e perfezionare la Proposta di Legge presentata al Parlamento italiano nel 2008 dal deputato Fiorella Ceccacci Rubino, attrice teatrale e membro della VII Commissione Cultura e Spettacolo dal 2006 al 2013; la Mozione 1/00135 presentata l’1/03/2019 dall’On. Maria Teresa Bellucci (psicologa e psicotrapeuta), tenendo altresì in conto il recente impegno assunto dal Governo su iniziativa del senatore Antonio Iannone, membro della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, Beni Culturali) durante l’approvazione del Disegno di Legge n. 1264, «Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’Educazione Civica» (1 agosto 2019).
Nelle intenzioni del legislatore, tuttavia, chi scrive trova alcuni elementi che – se non presi nella giusta considerazione – potrebbero vanificare l’intero progetto.
1. Un’ora alla settimana non basta, servono due ore consecutive per potere creare un setting d’aula adeguato a delle classi costituite solitamente da 20/30 studenti (banchi ai lati e sedie in cerchio, parte dell’ora andrebbe via solo per spostare i banchi e rimettere tutto in ordine alla fine dell’attività – i nuovi banchi a rotelle in questo senso sarebbero preziosi!). Serve il tempo necessario per stimolare dei processi introspettivi, avviare un confronto reciproco e far intervenire nel corso dell’attività un numero sufficiente di alunni.
2. I DOCENTI CURRICOLARINON SONO COMPETENTI IN MATERIA DI INTELLIGENZA EMOTIVA, né possono apprendere tali skills in corsi di formazione di qualche giorno, settimana o mese (parlo per esperienza personale); si tratta di abilità che si sviluppano nell’arco di un’intera esistenza, grazie soprattutto a studi universitari dedicati. Tale docenza in aula pertanto può essere affidata SOLO a psicologi e psicoterapeuti regolarmente iscritti all’albo, che sono gli uniciprofessionisti che hanno titolo per lavorare con le emozioni dei minori e per gestire quanto inevitabilmente emergerebbe in aula; per loro il MIUR dovrebbe prevedere l’introduzione di un’apposita classe di concorso.Non possiamo lasciare l’educazione emotiva dei nostri giovani in mano a formatori improvvisati.
Risparmiare non è sempre possibile.
3.NON dovrà essere prevista alcuna valutazione numerica (i “voti”, per intenderci).
Dovrà trattarsi di un lavoro introspettivo di tipo psicologico volto alla crescita dell’individuo, e in quanto tale non potrà certo essere valutato alla stregua di una materia di studio con contenuti culturali da memorizzare o riferire.I ragazzi dovranno sentirsi liberi di esprimere le proprie ansie, paure, dubbi, difficoltà relazionali, senza essere “giudicati”, ma venendo accolti, compresi in profondità e guidati verso una possibile risoluzione o almeno verso un’attenuazione del disagio che avvertono. Nessun attuale docente curricolare – per quanto formato dal MIUR – sarebbe in grado di svolgere questo delicatissimo compito, per rivestire il quale esiste già la figura codificata dello psicologo e dello psicoterapeuta.
Chi non ha competenza nel campo delle emozioni, dei traumi, dei fenomeni di rimozione, di proiezione o di tranfert, non potrà certo aiutare i ragazzi a metabolizzare, accettare e superare esperienze correlate con la sfera emotiva; inoltre non sarebbe in grado di gestire quanto inevitabilmente emergerebbe in aula, poiché questo genere di competenza si acquisisce solo dopo anni di studio, tirocinio e lavoro sul campo. Ricordiamoci che in questo settore delicatissimo è assai facile creare dei danni… E non è certo questo che desideriamo per i nostri studenti, ai quali auguriamo invece di crescere, svilupparsi e maturare al meglio.